Rifiutare la mentalità anti-vita e anti-famiglia delle élite mondiali

Di Don Shenan J. Boquet (Originale in inglese: www.hli.org )

“La vita è il primo dei beni ricevuti da Dio ed è fondamento di tutti gli altri; garantire il diritto alla vita a tutti e in maniera uguale per tutti è dovere dal cui assolvimento dipende il futuro dell’umanità”. – Papa Benedetto XVI, Pontificia Accademia per la Vita, 2007

Qualche settimana fa, molte delle persone più ricche e potenti del mondo si sono riunite a Davos, in Svizzera, per l’incontro annuale del World Economic Forum (WEF). Tra gli ospiti c’erano molti capi di Stato, leader finanziari globali e miliardari. Il loro obiettivo? Risolvere i problemi del mondo.

Proprio il primo giorno dell’incontro, due alti dirigenti del World Economic Forum hanno pubblicato un articolo su Forbes, delineando quelle che secondo loro sono le priorità dell’organizzazione. “Rafforzare la resilienza e trovare la cooperazione in un mondo frammentato è al centro dell’incontro annuale del World Economic Forum di Davos di quest’anno”, hanno scritto.

A quanto pare, però, questa ricerca di cooperazione non si estende ai nascituri o a coloro che non condividono l’agenda sociale progressista del WEF.

I due dirigenti del WEF – David Sangokoya e Louise Thompson – hanno scritto che una delle tre priorità del forum di quest’anno è “sostenere le libertà civili e i diritti umani”. A prima vista, questo sembra piuttosto ammirevole. La coppia prosegue notando, tuttavia, che nell’ultimo anno ci sono stati alcuni progressi e alcune battute d’arresto. Per quanto riguarda i “progressi”, scrivono: “I movimenti delle donne hanno sollecitato significativi cambiamenti politici a San Marino, El Salvador, Colombia e Messico sui diritti sessuali e riproduttivi – in netto contrasto con gli sviluppi negli Stati Uniti e in Polonia”.

Per “diritti sessuali e riproduttivi”, sembra che la coppia intenda principalmente “l’aborto”. L’anno scorso la Colombia ha legalizzato l’aborto fino a 24 settimane. San Marino ha legalizzato l’aborto fino a 12 settimane. Alla fine del 2021, il Messico ha legalizzato l’aborto fino a 12 settimane.

Come persona appena tornata dalla Marcia per la Vita a Washington, è sorprendente leggere le parole di Sangokoya e della Thompson a proposito degli Stati Uniti. Proprio la settimana scorsa ho marciato con decine di migliaia di americani pro-vita entusiasti del fatto che la legge federale degli Stati Uniti non discrimina più il diritto alla vita dei nascituri. Non è una battuta d’arresto! È un progresso!

Nel frattempo, i miei collaboratori pro-vita in Sud America mi dicono quanto siano sconvolti dal fatto che i globalisti anti-vita si siano infiltrati nel loro continente, convincendo varie nazioni cattoliche ad aprire le porte all’uccisione legale dei nascituri e alla distruzione del matrimonio e della famiglia. E il WEF si vanta che questo sia un progresso! Il bianco è nero e il nero è bianco.

L’agenda anti-vita e anti-famiglia dei globalisti

Purtroppo, questo è esattamente ciò che ci aspettiamo da organizzazioni come il WEF. Come avevano ripetutamente dichiarato Papa Giovanni Paolo II, Papa Benedetto XVI e Papa Francesco, organizzazioni e individui ricchi e potenti che non hanno alcun rispetto per le altre culture stanno costringendo le nazioni in via di sviluppo ad accettare l’aborto, la contraccezione e l’agenda radicale LGBT.

Come lamentava Papa Benedetto nella Caritas in veritate, “alcune Organizzazioni non governative, poi, operano attivamente per la diffusione dell’aborto, promuovendo talvolta nei Paesi poveri l’adozione della pratica della sterilizzazione, anche su donne inconsapevoli. Vi è inoltre il fondato sospetto che a volte gli stessi aiuti allo sviluppo vengano collegati a determinate politiche sanitarie implicanti di fatto l’imposizione di un forte controllo delle nascite” (n. 28). Papa Francesco, nel frattempo, ha spesso messo in guardia dalla “colonizzazione ideologica“, in cui i potenti occidentali cercano di imporre i loro valori moderni, atei, anti-familiari e anti-vita ad altre culture.

Questa “colonizzazione ideologica” è stata certamente in primo piano all’incontro di Davos.

Pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo su Forbes, il responsabile della “Women’s Health Initiative” (Progetto per la salute delle donne, N.d.T.) del WEF ha pubblicato un articolo insieme ad altri due esperti di sanità globale, delineando il piano del WEF per sostenere l’obiettivo delle Nazioni Unite di portare “l’accesso universale ai servizi sanitari sessuali e riproduttivi entro il 2030”. In particolare, hanno evidenziato l’obiettivo di portare i servizi di “salute riproduttiva” nei dipartimenti di emergenza degli ospedali. Come sappiamo, i termini “salute sessuale e riproduttiva” sono interpretati dalle organizzazioni internazionali come comprendenti l’aborto legale e l’accesso alla contraccezione.

Nel frattempo, tra le sessioni dell’incontro di Davos ce n’era una intitolata “Beyond the Rainbow: Advancing LGBTQI+  Rights” (Oltre l’arcobaleno: Promozione dei diritti LGBTQI+, N.d.T.). Tra i relatori c’erano rappresentanti di organizzazioni radicali pro-LGBT che cercano di distruggere i princìpi tradizionali sull’importanza centrale della famiglia e della morale sessuale tradizionale.

Nelle sue osservazioni all’evento, Tirana Hassan di Human Rights Watch ha lamentato il fatto che Paesi conservatori come la Polonia e l’Ungheria stiano proteggendo il matrimonio e resistendo all’agenda LGBT radicale. La Hassan ha suggerito che gli sviluppi del “diritto internazionale” potrebbero essere utilizzati per produrre cambiamenti nei Paesi che non hanno accettato l’agenda LGBT.

Non sorprende che abbia anche sottolineato l’importanza di rivolgersi ai tribunali per ottenere un cambiamento sociale in molti Paesi. Come ho scritto in passato, gli attivisti progressisti usano abitualmente il loro potere e la loro abilità politica per trovare giudici ideologizzati nei Paesi in via di sviluppo, introducendo cambiamenti legali radicali aggirando le procedure democratiche.

Un altro oratore, Sarah Kate Ellis, presidente e amministratore delegato di GLAAD (Gay & Lesbian Alliance Against Defamation), ha esortato gli amministratori delegati delle grandi aziende a usare la loro piattaforma e il loro potere economico e sociale per promuovere un’agenda progressista, indicando una serie di risorse che il WEF ha sviluppato per aiutarli a farlo. Sharon Marcil, del Boston Consulting Group, si è detta d’accordo, spiegando tutti i modi in cui la sua grande azienda “promuove in modo proattivo” l’agenda LGBT.

Una migliore visione dello sviluppo umano

C’è qualcosa di inquietantemente ironico nel World Economic Forum, che esiste in linea di massima per promuovere il progresso economico. Promuovendo un’agenda contraria alla vita e alla famiglia, una tale visione del mondo minaccia gravemente il benessere economico di gran parte del mondo.

La settimana passata abbiamo appreso che la popolazione cinese ha già iniziato a ridursi, cosa che è avvenuta diversi anni prima del previsto. Nel frattempo, la settimana scorsa il primo ministro giapponese ha avvertito che la nazione è “sull’orlo” del collasso sociale a causa del calo delle nascite.

Sempre più demografi ed economisti avvertono che, dopo decenni di allarmismo sulla “sovrappopolazione”, il mondo sta in realtà affrontando un imminente problema di implosione demografica, che pone enormi sfide politiche, sociali ed economiche che non siamo preparati ad affrontare. Eppure, nel bel mezzo di questa implosione demografica, i membri del WEF e i loro simili continuano a promuovere le politiche che ci hanno portato a questo punto.

Per decenni, la Chiesa cattolica ha lanciato un avvertimento dopo l’altro, sottolineando l’urgente necessità di basare lo sviluppo globale sulle solide fondamenta di una corretta visione morale del mondo che dia priorità alla dignità intrinseca di ogni essere umano e riconosca l’importanza di famiglie salde.

Come ammoniva Papa Giovanni Paolo II nella Centesimus annus, “l’ingegno dell’uomo sembra orientarsi, in questo campo, più a limitare, sopprimere o annullare le fonti della vita ricorrendo perfino all’aborto, purtroppo così diffuso nel mondo, che a difendere e ad aprire le possibilità della vita stessa”. (n. 39).

Contro questa mentalità anti-vita, Papa Giovanni Paolo II ha proposto una visione diversa:

“Occorre tornare a considerare la famiglia come il santuario della vita. Essa, infatti, è sacra: è il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un’autentica crescita umana. Contro la cosiddetta cultura della morte, la famiglia costituisce la sede della cultura della vita.” (CA, n. 39).

Forse uno dei paragrafi più importanti su questo tema appare nell’enciclica Caritas in veritate di Papa Benedetto. “L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo”, ha scritto il pontefice recentemente scomparso:

“Quando una società s’avvia verso la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono. L’accoglienza della vita tempra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco. Coltivando l’apertura alla vita, i popoli ricchi possono comprendere meglio le necessità di quelli poveri, evitare di impiegare ingenti risorse economiche e intellettuali per soddisfare desideri egoistici tra i propri cittadini e promuovere, invece, azioni virtuose nella prospettiva di una produzione moralmente sana e solidale, nel rispetto del diritto fondamentale di ogni popolo e di ogni persona alla vita.” (n. 28).

Come costruire una cultura della vita

È difficile non leggere le parole di Papa Benedetto come profetiche.

Le nazioni sviluppate tradiscono sempre più una profonda mancanza di “motivazione” e di “energia”. Sembra sempre più che queste società si stiano arrendendo. Invece di abbracciare i beni che tradizionalmente erano intesi come quelli che danno alla vita le gioie più grandi e il significato più profondo – la famiglia, l’amicizia, la comunità, la fede – gli abitanti delle nazioni più ricche vivono sempre più spesso vite di individualismo solitario e autoindulgente.

Sempre meno giovani si sposano e sempre meno di quelli che si sposano accolgono figli. Invece di lavorare per creare una vita che sia piena di senso, le persone trascorrono le loro giornate alla ricerca di ricchezza e piacere. Nel frattempo, le statistiche mostrano un aumento stratosferico del numero di giovani che si identificano come LGBT e un numero sorprendente di loro che si sottopone a procedure di “transizione” di genere.

Questi non sono segni di una civiltà sana e felice, in cui le persone possiedono un forte senso dello scopo e del significato della loro vita, che riconoscono la chiamata al sacrificio di sé e all’amore. Questo è il mondo che i globalisti anti-vita hanno creato. Questo è ciò che continuano a promuovere.

Per questo dobbiamo tornare sempre alla saggezza della Chiesa, leggendo i grandi documenti pubblicati dagli ultimi papi, studiando il Catechismo e dedicando la nostra vita a una vita di amore e di servizio verso gli altri.

Le grandi cattedrali non si costruiscono in un istante, ma piuttosto mattone dopo mattone. È la forza delle nostre virtù personali e la forza delle nostre famiglie che costruiranno la cattedrale di una vera cultura della vita. Lasciamo che i ricchi e i potenti volino con i loro jet privati a Davos per chiacchierare tra loro. Rimbocchiamoci le maniche e mettiamoci al lavoro per costruire vite virtuose e piene di preghiera, famiglie forti e chiese, scuole e comunità vigorose.

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