L’eutanasia nel mondo

Di P. Paul Marx, O.S.B.

(Originale in Inglese)

Pubblichiamo un articolo di Padre Marx, fondatore di Human Life International, scritto nel 1990 ma che conserva tutta la sua attualità nell’attuale periodo storico in cui, sotto varie forme, si tenta di legalizzare l’eutanasia.

Il mondo in generale non è ancora consapevole del pericolo rappresentato dalla World Federation of Right-to-Die Societies (Federazione Mondiale delle Società per il Diritto alla Morte), una rete globale per diffondere l’eutanasia alla cui settima conferenza biennale (1988) ho partecipato a San Francisco e la cui conferenza del 1990 si terrà in Olanda. Le circa 29 organizzazioni che ne fanno parte si dedicano a creare un clima di opinione favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia e a realizzarla in qualsiasi forma possa essere resa accettabile nei rispettivi Paesi. I tempi e gli approcci variano, ma una volta che l’eutanasia è legalizzata ovunque, le facilitazioni per ottenerla possono essere sempre più diffuse man mano che si presentano le opportunità.

Permettetemi di iniziare questa panoramica sull’eutanasia nel mondo con il mio Paese, gli Stati Uniti. Nel 1988, la Society for the Right to Die (Società per il diritto di morire), originariamente Euthanasia Society of America (Società americana per l’eutanasia), ha celebrato il 50° anniversario della sua fondazione. Tra i suoi primi membri c’erano Margaret Sanger, che aveva già dato vita a Planned Parenthood, e il pastore episcopaliano Joseph Fletcher, che ha contribuito a rendere popolare l’etica situazionista in America, e rimane un deciso fautore sia dell’eutanasia che dell’aborto. La neonata società aveva il fine di legalizzare la “morte misericordiosa” per le persone che desideravano morire per non dover sopportare forti dolori, e che nel gennaio 1938 ha presentato una proposta di legge al legislatore dello Stato di New York. Anche se da allora ha cambiato nome e tattica, i suoi obiettivi sono rimasti gli stessi. Probabilmente ha ispirato una serie di proposte di legge sulla “morte misericordiosa” apparse nelle legislature di quattro piccoli Stati tra il 1969 e il 1977. Esse si assomigliavano tra di loro e assomigliano anche a una proposta di legge britannica del 1967. Tutte sono state sconfitte, anche se una proposta di legge del Montana è stata bocciata per un solo voto.

Per molti anni la società è rimasta piccola e relativamente inattiva, ma la comparsa del “testamento biologico” nel 1967 ha inaugurato una nuova fase di grande successo nella sua carriera. Nel 1967 è stata fondata anche la sua associazione, ora chiamata Concern for Dying (Preoccupazione per il morente), che si presenta come “consiglio educativo per il testamento biologico”. Con un approccio altamente sofisticato, lavora per influenzare l’opinione dei professionisti, dei media e del pubblico in generale.

Il “testamento biologico” è un documento legale con il quale un adulto cosciente decide, in determinate circostanze, di non sottoporsi a trattamenti che ne prolunghino la vita. Nel 1976, la California ha approvato la prima legge sul “testamento biologico” del Paese, che la Society for the Right to Die ha prontamente criticato in quanto “gravata da restrizioni e limitazioni”. Per esempio, il testamento biologico diventa operativo solo dopo che il dichiarante è stato diagnosticato come malato terminale da due medici qualificati; se la persona malata è una donna incinta, non ha effetto finché dura la gravidanza; e scade dopo cinque anni, anche se può essere rinnovato per altri cinque tutte le volte che il paziente lo desidera. Dopo soli 14 anni, sembra un pezzo da museo accanto agli statuti successivi, che mostrano un’inclinazione più marcata verso la morte e che espandono i cosiddetti “diritti del paziente” a scapito della sua tutela.

P. Paul Marx, O.S.B. fondatore di HLI

La legge approvata in California

Qualcosa di simile è accaduto dopo che la California ha approvato il primo Durable Power of Attorney for Health Care Act (DPA Atto di procura permanente per l’assistenza sanitaria, N.d.T.) (1983), in base al quale il dichiarante nomina un delegato per eseguire le sue volontà manifestate e per prendere qualsiasi altra decisione necessaria in caso di impossibilità. Anche in questo caso sono previste alcune limitazioni: ad esempio, il delegato non può decidere per l’aborto, la sterilizzazione, il trattamento con l’elettroshock o la chirurgia cerebrale. Da allora, la maggior parte degli altri Stati ha semplicemente esteso la DPA alle proprietà per includere le decisioni in materia di assistenza sanitaria, mettendo così implicitamente sullo stesso piano la vita e le proprietà, come fa anche il “testamento biologico”, sebbene la vita sia ben più importante delle proprietà. Dato che molte delle disposizioni e delle restrizioni contenute nella DPA per le proprietà non sono applicabili all’assistenza sanitaria, la DPA per quest’ultima assume un carattere praticamente illimitato. L’opinione pubblica fatica a capire che, quello che la maggior parte delle persone considera la fine, può essere solo l’inizio per il movimento per l’eutanasia.

Lo storico caso Herbert (1981) ha dato ulteriore spazio alle attività della Society for the Right to Die. Due medici che avevano ordinato la rimozione dei tubi per l’alimentazione da un uomo di mezza età che era rimasto incosciente per soli cinque giorni dopo un intervento ordinario all’addome, sono stati accusati di omicidio quando l’uomo è morto sei giorni dopo la rimozione dei tubi. Tuttavia, il giudice non ha trovato motivi per rinviarli a giudizio. La Society for the Right to Die aveva lavorato per conto dei medici, anche se fino a quel momento i suoi sforzi erano stati per lo più legislativi. Ora, invece, ha ampliato e intensificato i suoi impegni legali per il cosiddetto “diritto” dei pazienti incapaci di intendere e volere (di solito, anche se non sempre, incoscienti), di essere privati di cibo e liquidi su richiesta dei parenti. Nella maggior parte dei casi in cui la Society for the Right to Die è entrata in causa, il presunto “diritto di morire” del paziente è stato confermato.

La situazione è giunta a un punto critico nel caso di Nancy Beth Cruzan, che è stato preso in esame dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. Esistono prove mediche contrastanti sul fatto che Nancy, una giovane donna ricoverata in una casa di cura, si trovasse o meno in uno stato vegetativo permanente. La donna non era malata terminale e potrebbe vivere molti anni se fosse nutrita e idratata. La somministrazione di cibo e liquidi tramite un tubo endogastrico (installato per comodità del personale) è poco invasiva e non rappresenta una voce importante nel costo complessivo dell’assistenza. Tuttavia, si tratta di un elemento cruciale e la rimozione richiesta dai genitori di Nancy ne causerebbe inevitabilmente la morte. Una decisione della Corte Suprema che ne permettesse la rimozione potrebbe causare nei confronti dell’eutanasia quello che la sentenza Roe vs. Wade è stata per l’aborto, e potrebbe condurre alla sospensione di nutrimento e idratazione a chiunque si trovi in circostanze simili, su richiesta di parenti o altri tutori. Questo potrebbe divenire la prassi abituale, come oggi per l’aborto, e potrebbe logicamente essere estesa ad altre categorie di invalidi, forse i ritardati gravi o i malati mentali.

Il rapporto di un gruppo di medici

Questo non è così inverosimile come può sembrare: il rapporto pubblicato da un gruppo di medici riunito dalla Society for the Right to Die nel 1985 afferma che se un paziente con grave ritardo mentale rifiuta cibo e acqua per bocca, non è necessario fornirglieli con altri mezzi. Ma la morte per inedia e disidratazione può essere un processo lungo, doloroso sia da subire che da vedere. Le iniezioni letali volute dalla Hemlock Society sarebbero più rapide, più economiche, più ordinate e, sì, “più gentili e delicate”.

La Hemlock Society, fondata a Los Angeles (1980), mira alla legalizzazione del suicidio medicalmente assistito per i malati terminali. Nel 1983 ha incluso “gli ammalati gravi fisicamente incurabili”. Quest’ultimo punto è stato poi eliminato dalla letteratura del gruppo, anche se forse non dai suoi obiettivi. Derek Humphry, cofondatore e ora presidente della Hemlock, è anche attualmente presidente della World Federation of Right-to-Die Societies. È un ex giornalista britannico che è fuggito dall’Inghilterra per evitare di essere processato per aver dato alla sua prima moglie, che stava morendo di cancro, un farmaco letale che lei aveva richiesto.

Negli ultimi dieci anni, la Hemlock ha promosso la sua causa attraverso un uso sapiente della stampa e dei media, ha fondato una casa editrice per diffondere tra il pubblico i libri in favore dell’eutanasia e ha sponsorizzato conferenze con i capi del movimento pro-eutanasia su entrambe le sponde dell’Atlantico. Il suo bollettino riporta spesso informazioni sull’uso, gli effetti e la disponibilità di farmaci che possono essere usati per via orale per l’“autoliberazione”, racconta le storie di membri che hanno “aiutato” una persona cara a morire. Molte persone hanno difficoltà a credere che ci sia un legame tra aborto ed eutanasia, ma Humphry non è di questa opinione, infatti in un dibattito televisivo (1988), ha dichiarato che “la sentenza Roe vs. Wade ha aperto la porta alla legalizzazione dell’eutanasia in questo Paese, e ne sono orgoglioso”.

Il braccio politico della Hemlock, Americans Against Human Suffering (Americani contro la sofferenza umana), ha prodotto un Humane and Dignified Death Act (Legge per una morte umana e dignitosa) da far adottare alle legislature statali. Poiché non molti politici sono disposti a rischiare di sponsorizzare una legge che legalizza l’eutanasia medicalmente assistita, la Hemlock ha scelto di lavorare attraverso il processo referendario. Una proposta firmata da un numero sufficiente di elettori registrati in un determinato Stato viene messa sulla scheda elettorale di quello Stato, per essere approvata o respinta il giorno delle elezioni. La Hemlock non è riuscita a raccogliere abbastanza firme per inserire la proposta nella scheda elettorale della California nel 1988, ma intende riprovarci. Ha raccolto firme anche in Oregon e a Washington, due Stati la cui piccola popolazione ha il più basso tasso di affiliazione alle chiese del Paese. Humphry prevede che se uno Stato approvasse la Legge per una morte umana e dignitosa, gli altri stati lo seguirebbero, il che è fin troppo probabile.

La Victoria ha legalizzato “il suicidio medicalmente assistito”

Nel 1988, lo stato australiano della Victoria è diventato la prima giurisdizione di lingua inglese a legalizzare “il suicidio medicalmente assistito”. Le sezioni della legge che consentono a un delegato di prendere decisioni di vita e di morte per chi è incapace di intendere e volere sono state respinte dal Parlamento, ma saranno riesaminate nel 1990. Per molti anni, tuttavia, la Hemlock ha guardato all’Olanda, dove l’eutanasia è stata legalizzata da alcuni anni, come al modello auspicabile per gli Stati Uniti.

Una delle figure di spicco per l’eutanasia in Olanda è il dottor Pieter V. Admiraal, un anestesista divenuto famoso a livello internazionale come scrittore e conferenziere. Egli preferisce che i pazienti si somministrino da soli i farmaci letali, in modo da dare loro la sensazione di avere il controllo fino alla fine. Naturalmente questo non è sempre possibile e in ogni caso i farmaci devono essere prescritti o forniti da un medico. Questo trasforma i guaritori in assassini: Admiraal e altri come lui sono riusciti a corrompere la professione medica olandese come i nazisti non erano riusciti a fare durante la loro occupazione del Paese.

L’eutanasia è stata legalizzata in Olanda con una sentenza della Corte Suprema (1984), come l’aborto negli Stati Uniti. Eugene Sutorius, un avvocato che ha avuto un ruolo importante nel caso, ha assicurato a una conferenza sponsorizzata dalla Hemlock a Los Angels (1985) che una serie di linee guida sviluppate in precedenza e confermate nella sentenza del 1984 costituivano una difesa adeguata contro gli abusi. In realtà sono scritte in modo molto approssimativo e l’eutanasia in Olanda è fuori controllo. Un caso emblematico è quello del dottor P.A. Voute, un oncologo pediatrico che, secondo il Times di Londra (10 ottobre 1987), ha ammesso in televisione di aver fornito, fin dai primi anni ‘80, farmaci letali a cinque o sei pazienti adolescenti all’anno su loro richiesta, a volte con il consenso dei genitori e a volte senza.

Sebbene Voute sia stato processato nei 18 mesi successivi, il Times non ne ha parlato. L’eutanasia avviene per ragioni sociali oltre che mediche. Uno studio del 1986 sugli anziani ha dimostrato che la grande maggioranza dei residenti in case di cura è contraria all’eutanasia e teme di essere uccisa. Le percentuali sono leggermente inferiori per gli anziani che vivono in modo indipendente. Esistono diverse stime sul numero di morti annue per eutanasia in Olanda, soprattutto per quelle non volontarie. Alcune cifre provengono da agenzie governative e altre dai fautori dell’eutanasia; ma sembra che, in ogni caso, il numero di morti non volontarie sia quanto meno pari a quello delle morti volontarie, e possa essere superiore da due a cinque volte. Ciò suggerisce che le linee guida sono ampiamente violate o ignorate e che ogni anno vengono falsificate diverse migliaia di certificati di morte.

Un argomento non più “tabù”

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’eutanasia era un argomento tabù nella Germania Occidentale, ma ora viene discussa in Parlamento e promossa in modo sottile nelle riviste mediche e legali. La Voluntary Euthanasia Society (VES) (Società per l’Eutanasia Volontaria, N.d.T.), fondata nel 1981, contava 10.000 membri nel 1985 e continua a crescere. Alla conferenza di San Francisco, il suo Presidente, Hans Henning Atrott, ha stigmatizzato il “suicidio assistito”, che prevede che un’altra persona procuri la propria morte, come “vile”. Ha parlato dalla platea, non dal palco. Solo il giorno dopo, in una riunione a porte chiuse a cui ho partecipato come giornalista, ho appreso che ciò era dovuto al fatto che egli si oppone al suicidio assistito da parte dei medici, favorito dalla Hemlock e da altri gruppi, insistendo sul fatto che esso porterebbe a programmi di eutanasia di massa di tipo nazista. Atrott è fautore dell’autosomministrazione di cianuro, una sostanza non prescritta, che permette all’individuo di assumersi la piena responsabilità della propria morte, mantenendone il controllo fino alla fine. Alla già citata conferenza di Los Angeles del 1985, il dottor Julius Hackethal, della Germania Occidentale, ha mostrato un breve video del suo amichevole commiato da una sua paziente, un’anziana donna che, poco dopo che il dottore è uscito dalla stanza, ha preso il cianuro da lui fornito. (La morte della signora non è stata mostrata). Hackethal ha spiegato di aver realizzato il video in vista di problemi con la legge, ma di averlo considerato soprattutto uno strumento didattico. La sua licenza medica è stata successivamente revocata.

La piccola Società per l’Eutanasia Volontaria giapponese opera all’interno di una tradizione in cui il suicidio è considerato un’alternativa onorevole al disonore: un uomo non dovrebbe sopravvivere alla sua buona reputazione o al suo successo. Il tasso di suicidi in Giappone è aumentato tra gli anziani, molti dei quali sono emarginati e lasciati soli.

Una proposta di legge del 1980 presentata al parlamento indiano è degna di nota sia per la sua ampiezza che per la sua schiettezza. Avrebbe reso disponibile la morte – su richiesta del paziente, ovviamente – a persone invalide e incurabili di ogni sorta. L’espressione “omicidio pietoso” compare più volte, anche se i politici indiani sono probabilmente diventati più sofisticati. Tuttavia, è quasi ritemprante in un’atmosfera così spesso offuscata da termini come “autonomia”, “riservatezza”, “diritti del paziente” e “buona morte”, per non parlare di “preoccupazione” e “compassione”.

Articolo sulla Cina

The Washington Times (22 dicembre 1988) ha pubblicato un articolo che inizia così: “La Cina permetterà nei suoi ospedali l’omicidio pietoso su richiesta, nonostante la mancanza di una politica formale sull’eutanasia dei malati terminali…”. Un funzionario del ministero ha dichiarato: “L’eutanasia può porre fine alla sofferenza dei pazienti incurabili [nota: non necessariamente terminali] e può anche essere un grande sollievo per i loro parenti, sia mentale che fisico”. Data la sua numerosa popolazione e il suo generale disprezzo per la vita umana, sembra che la Cina abbia fatto un altro “grande balzo in avanti”, superando l’Olanda in questa folle corsa.

L’influenza americana è evidente in un disegno di legge del 1989 introdotto nella legislatura filippina da due senatori, che giustamente descrivono il caso Karen Ann Quinlan e il “testamento biologico” della California come eventi storici. Il linguaggio del disegno di legge è in parte mutuato dalla legge californiana, anche se le garanzie per il paziente sono in gran parte omesse, e viene aggiunta una clausola che consentirebbe che sia tolto il “respiratore o altri sistemi di supporto vitale” (forse per l’alimentazione e l’idratazione?) su richiesta dei parenti 30 giorni dopo che questi sono stati informati da un medico che il paziente non ha alcuna speranza di guarigione.

Sotto il defunto Nicolae Ceaucescu, la Romania ha revocato tutti i servizi sociali e medici ai pensionati: tre giorni dopo la sua esecuzione, è stato legalizzato l’aborto, che era stato messo fuori legge. Resta da vedere se la posizione dei pensionati cambierà, e se sì verso quale direzione. Non molto tempo fa ho visitato un capo pro-vita in Israele, la cui moglie mi ha detto: “Qui non discutono di eutanasia. La fanno e basta”. E così accade in tutto il mondo.

Stiamo assistendo all’edificazione globale di una di quelle “strutture di peccato” di cui parla Papa Giovanni Paolo II. Una piccola struttura può essere trascurata come insignificante, mentre quando raggiunge le dimensioni di un grattacielo viene data per scontata come parte del paesaggio urbano. Il nostro compito è quello di ostacolare il più possibile il completamento di questa struttura, di fermarla se possibile, di smantellarla e, soprattutto, di sostituirla con qualcosa di più umano. Questo richiederà tutto lo sforzo e tutta la creatività che possiamo mettere in campo. Se falliremo, la probabilità di un’eutanasia mondiale diventerà una certezza. Che lo desideriamo o meno, noi stessi avremo la stessa probabilità di morire per mano di qualcun altro e più siamo giovani in questo momento, maggiore sarà la probabilità. Come dicono gli Americani: “La vita che salvi potrebbe essere la tua”.

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