Intervista a Don Francesco Giordano sul ddl Cirinnà

(di Daniele Sebastianelli). La discussione al Senato sul ddl Cirinnà è alle porte; il Direttore di Vita Umana Internazionale, Don Francesco Giordano, spiega in questa intervista i motivi di contrarietà a questa proposta di legge.

 

Don Francesco, il diritto naturale e la Chiesa cattolica sono contrari al riconoscimento giuridico delle cosiddette “unioni civili”, anche omosessuali. Perché?

La Chiesa insegna che Dio stesso è l’autore del matrimonio (Gaudium et Spes 48); cioè, il matrimonio è iscritto nella natura stessa dell’uomo. Fa parte della legge naturale, una legge che proviene dalla legge divina ed eterna. Il matrimonio non è il frutto di un’evoluzione sociale più o meno primitiva o di qualche imposizione convenzionale della società e della legge positiva di qualsiasi governo. Né la società lo crea né gli sposi lo istituiscono a loro gradimento.

Cristo rende il matrimonio sacramento, dando alla coppia la grazia speciale di potere vivere secondo la legge divina e naturale perché nella natura ferita dal peccato originale, la concupiscenza rende l’unione difficile da portare avanti fino alla morte. La grazia del sacramento—e di una vita sacramentale che invita Gesù nella coppia—rafforza la coppia a viverlo fino alla morte.

Questo insegnamento si ricapitola in Mt 19, 4-8 quando Cristo si appella al principio per rispondere alla domanda rivoltagli dai farisei sulla causa sufficiente del divorzio: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina?…per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così.” In tale senso, il Signore fa capire che nello stato di natura originaria (cioè prima del peccato originale) nel Suo disegno, Dio “Li creò maschio e femmina” (Gn 1, 27), e questa unione doveva essere indissolubile. L’unione tra uomo e donna doveva essere stabile al punto che diventassero una sola carne. Infatti, il Signore lo cita nella pericope: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola.” (Gn 2,24) (cit. in Mt 19, 5) L’unione dell’uomo con sua moglie è attribuita a Dio da Gesù stesso: “Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi.” (Mt 19, 6). L’indissolubilità è un tratto essenziale perché nella natura umana è iscritta la ricerca di stabilità.

Il ddl Cirinnà  ha come scopo il riconoscimento giuridico delle cosiddette “unioni civili” – ossia, secondo quanto previsto dall’art. 1, quella “specifica formazione sociale” formata da due persone dello stesso sesso – e la “convivenza di fatto” ossia, come si legge nell’art. 11, il rapporto tra “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.

E’ chiaro che, una legge come quella ipotizzata, non farà che ferire il tessuto sociale – nel caso delle unioni omosessuali – e aumentare l’instabilità sociale – nel caso delle convivenze – come, d’altronde è già dimostrato dalla legge sul divorzio e dalle numerose pressioni culturali in atto. Nel suo insieme, in fondo, il disegno di legge rispecchia la volontà di cercare i “diritti” senza i doveri, una volontà che non può portare alla stabilità tra le coppie e di conseguenza nella società stessa.

Per quanto riguarda la “convivenza di fatto”, questa instabilità viene confermata dall’articolo 20 del Disegno di legge nel quale si legge: “Il contratto di convivenza si risolve per: a) accordo per le parti; b) recesso unilaterale; c) matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona; d) morte di uno dei contraenti”.  La domanda nasce spontanea: a cosa serve l’unione se non è fatta per durare? non bastava il “divorzio”, ora tutto diventa ancora più temporaneo ed instabile, e la Legge che dovrebbe tutelare la stabilità della gente e dello Stato, diventa strumento di instabilità e si apre ai  “capricci” dei contraenti.  Stando alla lettera a), un giorno uno vuole separarsi dalla compagna, poi due mesi dopo cambia idea, poi un mese dopo cambia idea di nuovo, ecc. aprendosi al ridicolo se si prende sul serio la logica di questo articolo. Ancora peggio se consideriamo la lettera b)…

Bisogna riconoscere che la stabilità viene dalla verità, e l’errore non ha gli stessi diritti della verità. C’è una Verità, ed è la Legge eterna e divina dalla quale proviene la legge naturale e dalla quale dovrebbe provenire la legge positiva dello stato. La legge positiva dovrebbe rispecchiare e rispettare la legge naturale. Quando ciò non avviene—e oggi succede in tantissime leggi—si vedono i risultati sulle persone. Tanti problemi psichici e spirituali provengono dai problemi familiari dovuti al divorzio, e non c’è nemmeno bisogno più di tanti studi per capire questo; è evidente. Le persone che vivono in famiglie unite sono molto più forti e stabili rispetto alle persone che soffrono divisioni ed instabilità familiari. Non si può volere l’instabilità. Non ha senso. Tutte le persone che conosco cercano stabilità, anche se spesso non sanno come fare per ottenerla. Oserei dire che la stabilità sta scritta sul cuore dell’uomo. Ciascuno cerca la propria pace interiore, e dato che l’uomo non è fatto per stare solo (perché creato ad immagine e somiglianza di Dio Trino ed Uno, un Dio relazionale) tale pace proviene spesso da rapporti sani e stabili che hanno delle garanzie naturali e soprannaturali di rimanere tali.

Quali sono secondo lei gli errori principali del ddl Cirinnà? e quali sarebbero le conseguenze sulla società se venisse approvato?

Innanzitutto il riconoscimento delle unioni  omosessuali, che di per sè è inconcepibile. Poi l’errore principale è l’essere una “caricatura” del matrimonio, che è un’istituzione che aiuta l’uomo come essere sociale a trovare la sua stabilità in un’altra persona. Non si può iniziare sanamente un rapporto con una persona che sia fin dal principio provvisorio ed instabile. Si costruisce tale rapporto sulla menzogna, e questo chiaramente non si può fare. Vorrebbe dire basare tutto sul sentimento, sul soggetto come si sente al momento. Non sto dicendo che il sentimento non ci debba essere, però deve mirare ad un rapporto vero e stabile. Per questo, il matrimonio cristiano è un modello per tutti. La Chiesa non può promuovere tale instabilità perché non solo offenderebbe Dio Creatore e Salvatore ma farebbe male all’uomo stesso. Abbiamo bisogno di impegno e dedizione nella vita.

Se venisse approvato tale Disegno di legge, gli effetti per la società sarebbero devastanti, e si vedono già gli effetti in altri paesi dove sono passate queste leggi. Si vedono già gli effetti sui poveri figli cresciuti in seno a formazioni del genere. Se vogliamo questi risultati in Italia, allora possiamo semplicemente portare avanti questa legge. Francamente, vedo già abbastanza difficoltà nelle famiglie per desiderare di vederne di più con questa confusione legalizzata. Molti parlano degli articoli 12 e seguenti, in cui vengono stabilite le norme di mutua assistenza, successione nel contratto di locazione, ecc.  Non capisco perché non si possa semplicemente scrivere un documento legale simile che possa regolare tali rapporti. Non c’è certo bisogno di portare avanti tutta una legge per questioni del genere.

Molte persone con tendenza omosessuale ripetono spesso che nessuno può impedire loro di avere il “diritto” di “amarsi” e che l’approvazione delle unioni civili non recherebbe nessun danno all’istituzione matrimoniale. Secondo lei è proprio così?

No. Se basiamo tutto sul sentimento, e non sul rapporto tra il bene ed il male, tra il vero ed il falso, a che punto arriviamo?
È vero che questa legge ora si limita agli adulti, però chi definisce la maturità? chi definisce l’età? se fra cinque anni si decidesse che maggiorenni sono bambini di 10 anni per decreto di legge, cosa facciamo a quel punto?
La legge dovrebbe tutelare il bene delle persone. Dovrebbe aiutare a creare contesti che favoriscono rapporti reali e stabili per le persone in modo che le persone non siano Peter Pan ma persone capaci a volere ed intendere in maniera tale che il bene comune della società sia tutelato.
In poche parole, vedo tale legge come un attacco alla famiglia naturale. Non si può ammettere tutto nella vita. Se si dà spazio ad una cosa, si toglie lo spazio ad un’altra. In questo caso, se si dà spazio a questa legge, si toglie spazio ai diritti del matrimonio tradizionale.

Uno dei punti critici della legge è la Step Child Adoption che prevede la possibilità di adozione, o di affido, del figlio del convivente. Secondo uno slogan utilizzato dai sostenitori del ddl Cirinnà, per un bambino sarebbe meglio vivere in una “famiglia” omosessuale piuttosto che orfano di un genitore. Pensa che in questo modo siano tutelati i diritti dei bambini?

Se venisse approvato il cosiddetto “matrimonio” omosessuale, esso risulterebbe, come già detto, una caricatura del matrimonio. Già oggi il modello vigente di matrimonio è basato unicamente sul rapporto di coppia che evita, purtroppo, accuratamente la genitorialità. Se il matrimonio è solo una questione di rapporti di coppia, e non viene connesso intrinsecamente alla genitorialità, perché non dare spazio agli omosessuali? Se il matrimonio è ridefinito per assecondare le “coppie” omosessuali, non si fa altro che rafforzare l’irrilevanza del matrimonio nella sua vocazione alla genitorialità.

Chiaramente questo non tutela i diritti dei figli. Il volto del figlio, ricordiamo, ha il volto del padre e della madre. Dove sta la madre in tale rapporto artificiale tra uomo e uomo? dove sta il padre in un rapporto tra donna e donna? con l’idea dell’adozione, l’inseminazione artificiale o dell’utero in affitto, il bambino non vede il padre o la madre, dipendendo sul caso. Non si può togliere questo diritto al bambino; nel caso della morte di uno dei genitori, e la presenza di un padre o una madre putativa, il bambino non perde i suoi diritti naturali che vanno tutelati contro operazioni forzate e artificiali.

Bisogna, inoltre, ricordare in genere che la conoscenza delle proprie origini aiuta la persona a vivere meglio. Se si conoscono le proprie origini, si rafforza la propria identità. Le crisi d’identità possono anche portare al suicidio. Certamente, portano alla depressione, e aumentano la possibilità di far uso di droghe. Questo aumenta il guadagno per le compagnie farmaceutiche. Come con la contraccezione, l’aborto, e anche il divorzio bisogna ricordare che ci sono molti interessi economici di mezzo.

In questo nuovo scenario internazionale in cui il matrimonio, come istituzione, sembra essere in crisi profonda, quali risposte pensa debba dare la Chiesa per rilanciare il ruolo e la bellezza della famiglia?

La Chiesa deve promuovere la famiglia. Deve spiegare che la famiglia è modello della società. Basta ricordare quando Benedetto XV ha inaugurato la Festa della Sacra Famiglia nel 1921, poco dopo la Rivoluzione Bolscevica che aveva fra i suoi obiettivi proprio la distruzione della famiglia tradizionale perché vista come portatrice di valori borghesi. La famiglia è il nucleo della società, ne è l’origine perché è la prima società. È il primo luogo nel quale l’uomo sociale esercita la sua natura.
La Sacra Famiglia, ossia Cristo, la Vergine Maria e S. Giuseppe ne è il modello perfetto. La Chiesa deve continuamente puntare su tale ideale perché la Chiesa è stata creata per la salus animarum, la salvezza delle anime. Quando il Signore vede che le persone sono perse, Egli comincia ad insegnare. Questo deve essere lo stesso ruolo della Chiesa. Non si deve stancare di insegnare e di mostrare quanto sia meglio la strada verso la santità che quella verso la perdizione. L’attrattiva del male oggi è forte, però il bene è molto più forte.

Il 30 gennaio prossimo si svolgerà a Roma il Family Day. Il card. Bagnasco, Presidente della Cei, l’ha definita una “manifestazione condivisibile e dalle finalità assolutamente necessarie”. Pensa che una manifestazione di piazza sia davvero utile per sostenere le ragioni della famiglia e possa realmente influire sulle scelte politiche?

Quando penso alle manifestazioni, mi vengono in mente i pellegrinaggi e le processioni religiose. Sono espressioni di Fede, di identità che dimostrano la socialità dell’uomo e che non solo aiutano l’uomo psicologicamente, ma sono addirittura atti morali che l’uomo porta a compimento. Come ci insegna S. Tommaso in ST I-II q. 20 e in altre questioni, l’atto morale deve avere la dimensione esteriore perché l’intenzione dell’atto resta nell’interiorità mentre l’esecuzione dell’atto resta nell’esteriorità. La religiosità stessa non può restare chiusa e privata. Deve in qualche modo esternarsi. La santità—e la chiamata universale alla santità alla quale ci richiama la LG 38-41—si attua in contesti sociali, contesti definiti dalla sociologia come le istituzioni sociali della Famiglia, l’Educazione, la Religione, la Politica, e l’Economia. Quello che il Papa Pio XI ci richiama a fare nella Quas Primas del 1925 è ancora valido oggi. Noi cristiani dobbiamo portare la santità di Cristo Re in piazza. La regalità sociale di Cristo è sempre valida e richiede la forza della famiglia. Se crediamo in Cristo, e crediamo ch’Egli realmente regni nella nostra società, allora abbiamo l’obbligo di andare in piazza e di manifestare la Fede che abbiamo.

Con questo pensiero, mi viene in mente l’importanza della Marcia per la Vita. Lì, vediamo scopi simili. Non possiamo tacere sui principi non negoziabili quando essi vengono attaccati. Vediamo, però, dalle esperienze simili in Francia che le manifestazioni non hanno influenzato le menti dei politici che erano determinate a portare avanti le loro ideologie. Cosa pensare? sono fallite? non sono servite a nulla? no, non direi, perché si vede come questi avvenimenti abbiano unito molti cattolici che prima non erano uniti o non si conoscevano. Vediamo come la Marcia per la Vita a Washington—e ora anche a San Francisco—sia cresciuta lungo gli anni. Vediamo soprattutto come queste marcie hanno aiutato a formare una cultura “pro vita” in tanti centri culturali, come le università.

Insomma, questa manifestazione il 30 gennaio ci aiuterà a far crescere la cultura per la vita e per la famiglia che S. Giovanni Paolo II ci chiamava spesso a portare avanti.

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