Ripristinare la famiglia

Ripristinare la famiglia

di Don Shenan J. Boquet (Fonte: www.hli.org )

 

“La promozione di un’autentica e matura comunione di persone nella famiglia diventa prima e insostituibile scuola di socialità, esempio e stimolo per i più ampi rapporti comunitari all’insegna del rispetto, della giustizia, del dialogo, dell’amore.”

Papa Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 43

 

La frammentazione della famiglia è una delle grandi tragedie del XX secolo. Come Papa Giovanni Paolo II aveva sottolineato in modo così eloquente nella Familiaris Consortio, la famiglia è la prima società, e come tale è l’elemento costitutivo della società in generale (nelle parole del Concilio Vaticano II, la famiglia è “la prima e vitale cellula della società”). Se la famiglia è debole, lo è anche l’intera struttura sociale. Come diceva il defunto papa, in un’omelia nel 1986, in Australia , “come va la famiglia, così va la nazione, e così va il mondo intero in cui viviamo”.

Se ciò che dice Papa Giovanni Paolo II è vero, allora una grande quantità di mali che incontriamo nella cultura devono essere riconducibili ai mali di cui è affetta la famiglia. E se questo è vero, uno dei compiti più urgenti che dobbiamo affrontare è il ripristino della famiglia.

Il futuro Papa San Giovanni Paolo II con i suoi genitori
Il futuro Papa San Giovanni Paolo II con i suoi genitori

Se, tuttavia, abbiamo intenzione di ricostituire la vitalità della famiglia, non è sufficiente opporsi alle leggi anti-famiglia o anche approvare leggi valide che tutelino la famiglia. Le leggi possono sicuramente aiutare a costruire famiglie sane, creando condizioni ottimali per il suo benessere: ma solo noi possiamo fare qualcosa, direttamente, per favorire la salute della nostra famiglia. Le famiglie sane non sono costruite dalle leggi, ma piuttosto un po’ alla volta, giorno per giorno.

“Comunità familiare” vs. famiglia

Ma come dovremmo fare per rendere forti le nostre famiglie? Un recente saggio su First Things del Dott. John Cuddeback, professore di filosofia al Christendom College, offre un eccellente spunto di riflessione.

L’argomento centrale del professor Cuddeback è che dobbiamo distinguere tra famiglia e “comunità familiare”. La famiglia può essere pensata in due modi: come realtà biologica e come comunità di persone. La realtà biologica non può mai essere accresciuta o cancellata: semplicemente è. Dall’altra parte, la famiglia come gruppo di persone che persegue un bene comune – la “comunità familiare” del professor Cuddeback – non è mai un dato di fatto.

Una “comunità familiare” fa pensare a una famiglia che vive sotto lo stesso tetto; è, in altre parole, il luogo della resa dei conti, dove la vita familiare è vissuta. Ed è quando focalizziamo la nostra attenzione specificamente sulla comunità familiare, sostiene il professor Cuddeback, che cominciamo davvero a vedere quanto sia diventata malata la vita familiare:

“Se qualcuno di qualsiasi altra epoca della storia fosse trasportato fino ai nostri giorni, riconoscerebbe immediatamente – dietro i cambiamenti superficiali – quando cammina per le strade di una città, un villaggio o un paese, un fatto sorprendente: le persone in realtà non vivono nelle loro case. Mamma e papà sono al lavoro. I bambini vanno a scuola. E quando tornano, è spesso con cibo da asporto, che viene mangiato mentre ogni membro della famiglia guarda il proprio schermo. La piccola vivace comunità che era la famiglia – il contesto in cui i genitori dovrebbero crescere i loro figli perché diventino adulti e cittadini responsabili, anche in situazioni politiche estremamente problematiche – ha praticamente cessato di esistere”. [Traduzione nostra]

Don Shenan J. Boquet Presidente di Human Life International
Don Shenan J. Boquet
Presidente di Human Life International

Come osserva il professor Cuddeback, l’ingrediente segreto di una comunità familiare sana è relativamente ovvio: i vari membri della comunità familiare devono davvero vivere insieme. Cioè, non devono semplicemente mangiare e dormire nello stesso edificio. Ma devono fare le cose insieme. Devono mangiare insieme, pregare insieme, lavorare insieme e giocare insieme; in altre parole, devono perseguire il “bene comune” della vita familiare.

Nelle sane comunità familiari di un tempo, scrive il professor Cuddeback, “Il tempo passato sotto al portico, in giardino e accanto al fuoco caratterizzava i doveri più impegnativi, e spesso era anche occasione di un lavoro piacevole, come intagliare, ricamare e altri passatempi. I pasti, come pure la preghiera, richiedevano una sospensione del lavoro. Queste abitudini erano momenti di reciproca presenza. In larga misura, la vita familiare significava stare con almeno alcuni degli altri membri della comunità familiare per la maggior parte della giornata”.

 

L’attacco economico e sociale alla comunità familiare

Sfortunatamente, però, le realtà economiche e sociali della nostra cultura frenetica e anti-famiglia cospirano contro la creazione di comunità familiari sane.

In un altro recente articolo su questo argomento, uno scrittore ha richiamato l’attenzione su un fatto ormai dimenticato, ossia che, prima delle rivoluzioni industriali e tecnologiche, la vita di entrambi, madre e padre, abitualmente gravitava quasi interamente intorno alla casa. Non si tratta solo del fatto che le mamme erano casalinghe, ma anche la grande maggioranza degli uomini lavorava dentro o vicino casa: come i contadini che coltivavano i campi vicino alle loro case o come i commercianti che lavoravano nelle botteghe adiacenti alle loro abitazioni.

Ma l’economia è cambiata. Inizialmente gli uomini sono andati nelle fabbriche e negli uffici, e poi le donne li hanno seguiti. E una volta che la stragrande maggioranza dei genitori ha iniziato a passare la maggior parte delle ore della giornata nelle fabbriche e negli uffici, il lavoro si è staccato dalla vita familiare, di conseguenza ora ci sono due sfere quasi del tutto distinte … una delle quali di solito occupa molto più del nostro tempo rispetto all’altra.

La comunità familiare non è più il locus incontrastato della vita familiare, ma spesso – cosa tragica – qualcosa di simile ad un albergo: un luogo in cui riposare il proprio corpo stanco nei rari momenti tra la vita reale di una persona, come lavoratore. Oppure, come dice il signor Jalsevac, la casa come abitazione è stata trasformata ne “la casa come stazione di servizio: quel lussuoso moderno deposito per cibo, un letto e qualche distrazione, a malapena abitato da una comunità di passeggeri superficialmente legati tra loro, in nome della quale ci accolliamo un’intera vita di schiavitù per ripagare i debiti”.

Purtroppo, in molti casi lavorare lontano da casa è oggi una necessità economica per entrambi i genitori. Comunque, il costo di questo onere economico è che se sia mamma che papà devono lavorare fuori casa per tenere a galla finanziariamente la comunità familiare, allora non c’è mai nessuno che abbia il tempo o l’energia per cucinare i pasti, il che potrebbe far riunire la famiglia insieme almeno una volta al giorno.

Le realtà sociali della nostra cultura sono addirittura organizzate contro la vita familiare: l’assalto della tecnologia e dell’intrattenimento a basso costo e on-demand trascina i membri della famiglia nelle loro stanze in cui passivamente “consumano” i media. Nel frattempo, la mania per le attività extra-scolastiche fa sì che nei rari momenti liberi tra lavoro e scuola, i genitori scarrozzano i loro figli da un’attività costosa a un’altra.

Sfortunatamente, questa medesima dinamica spesso colpisce le famiglie dei “conservatori” che credono nei “valori tradizionali della famiglia”, così come quelle dei liberali, i quali sono impegnati attivamente nella distruzione della famiglia tradizionale. Siamo così immersi nella cultura dominante, e la nostra memoria storica è così breve, che in molti casi non riusciamo nemmeno a concepire come potrebbe apparire una comunità familiare veramente sana e vivace. I nostri sforzi per creare una famiglia “tradizionale” sono viziati da quelle che il professor Cuddeback definisce “pressioni impalpabili” su genitori e bambini, “che sembrano inesorabilmente attirare la loro attenzione e il loro tempo su attività fuori casa”.

Costruire comunità familiari, costruire una cultura di vita

Tuttavia, una casa in cui i membri della famiglia non si vedono quasi mai, che non mangiano e non pregano insieme, non è la famiglia che essi volevano. Anche se non possiamo cambiare la cultura economica e sociale dominante, possiamo iniziare a cambiare la cultura della nostra famiglia.

Questo significa spegnere l’intrattenimento digitale; questo significa prendere tempo per cucinare pasti sani e mangiarli insieme, coltivare passatempi di famiglia come il giardinaggio; significa prendere tempo per leggere libri ad alta voce, cantare canzoni insieme, pregare insieme il rosario, sbrigare le faccende insieme. Significa creare un ritmo quotidiano che assicuri ai membri della famiglia riuniti insieme nella stessa stanza impegnati in obiettivi comuni, la possibilità di approfondire i legami biologici, in una comunione profonda, interpersonale e spirituale.

Passare del tempo come una famiglia include eventi quotidiani come cucinare i biscotti!
Passare del tempo come famiglia include eventi quotidiani come cucinare i biscotti!

Papa Giovanni Paolo II ha scritto che Dio aveva stabilito la famiglia come una “intima comunità di vita e di amore”. Come tale “la famiglia ha la missione di diventare sempre più ciò che è, cioè una comunità di vita e amore”.

Continua dicendo:

“Il principio interiore, la forza permanente e la meta ultima di tale compito è l’amore: come, senza l’amore, la famiglia non è una comunità di persone, così senza l’amore, la famiglia non può vivere, crescere e perfezionarsi come comunità di persone. … L’amore tra l’uomo e la donna nel matrimonio e, in forma derivata ed allargata, l’amore tra i membri della stessa famiglia – tra genitori e figli tra fratelli e sorelle, tra parenti e familiari – è animato e sospinto da un interiore e incessante dinamismo, che conduce la famiglia ad una comunione sempre più profonda ed intensa, fondamento e anima della comunità coniugale e familiare”. (Esortazione Apostolica, Familiaris Consortio, Giovanni Paolo II)

Questo “dinamismo interiore” dell’amore che rende una famiglia più che una realtà biologica, una vera comunità di persone, non può realizzarsi se le famiglie non vivono responsabilmente e intenzionalmente insieme, in forme che promuovono la comunità.

La cultura della morte si nutre di alienazione. Le coppie che non trascorrono del tempo insieme nutrendo il loro amore o sviluppando le loro relazioni con i loro figli attraverso attività condivise, sono coppie che divorziano. I figli di genitori divorziati sono bambini che non sono stati educati ad amare e, a loro volta, hanno maggiori probabilità di divorziare o, innanzi tutto, di non sposarsi affatto. Invece di sposarsi, ricercano rapporti sessuali in serie, che inevitabilmente portano a gravidanze indesiderate e aborti. Nelle comunità familiari non sane, i bambini sono spesso lasciati soli, senza la guida o il supporto dei genitori, soggetti al peggiore influsso dei media e dei programmi in voga. La pornografia, la confusione sessuale e la confusione di genere riempiono il vuoto.

Gli esseri umani sono progettati per la comunità. La comunità è costruita sull’amore. I bambini imparano innanzitutto come amare nelle famiglie. E ciò che apprendono sull’amore nelle loro famiglie è quello che poi porteranno alla società. Se la cultura della morte è una conseguenza di un fallimento dell’amore, e se la soluzione è la “civiltà dell’amore” di Papa Giovanni Paolo II, allora questo sforzo deve cominciare, prima di tutto, nelle nostre famiglie.

Come osserva giustamente il professor Cuddeback: “Un rinnovamento della vita familiare richiederà un rinnovamento della comunità familiare, soprattutto come luogo di lavoro condiviso e centro di esperienza condivisa e di appartenenza. Stiamo smarrendo l’esistenza propriamente umana, perché non riusciamo a vivere insieme”.

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