Riorientare le priorità della nostra cultura

Di Don Shenan J. Boquet

(Originale in inglese)

Nel ricercare le radici più profonde della lotta tra la «cultura della vita» e la «cultura della morte» […] Occorre giungere al cuore del dramma vissuto dall’uomo contemporaneo: l’eclissi del senso di Dio e dell’uomo, tipica del contesto sociale e culturale dominato dal secolarismo – Evangelium Vitae, n. 21

Nei giorni successivi al ribaltamento della sentenza Roe vs. Wade, diverse aziende americane hanno rilasciato dichiarazioni in cui si offrono di pagare i dipendenti che vivono negli Stati in cui l’aborto è illegale per recarsi negli Stati in cui è legale per far uccidere i loro figli non ancora nati. Tra queste aziende ci sono grandi multinazionali come Microsoft, Nike, Netflix, Disney e Tesla. Queste aziende ricchissime presentano questa come un’offerta “generosa”, dicendo di essere disposte a svenarsi per i propri dipendenti.

Tuttavia, persino l’iper-liberale National Public Radio (NPR), ha osservato in un articolo, che questa “generosa” offerta potrebbe, in realtà, avere una motivazione puramente egoistica.

Pagare alle dipendenti il viaggio per abortire è “certamente più economico che dover pagare le cure per la gravidanza e per il parto e poi mantenere il bambino per 26 anni”, ha dichiarato alla NPR Sharona Hoffman, docente di diritto e bioetica alla Case Western Reserve University. “Quindi i datori di lavoro potrebbero fare un’analisi costi-benefici e dire che se la donna in realtà non vuole avere un figlio, anche a noi conviene così”.

Don Shenan J. Boquet – Presidente di Human Life International

Ben detto, e sorprende trovarlo scritto su NPR. Per le grandi e impersonali aziende, il cui unico obiettivo è quello di garantire maggiori profitti agli azionisti, pagare un aborto è un’inezia. Dopo tutto, la gravidanza, il parto e la famiglia non sono solo costosi nel breve termine, ma sono anche un’enorme distrazione per i loro dipendenti dal fare soldi.

C’è una sottile ironia nel fatto che molti degli stessi progressisti che sono contrari alle grandi imprese e al capitalismo sfrenato, applaudano a queste politiche a favore dell’aborto. In qualche modo, non riescono a capire che la disponibilità a pagare gli aborti è la sintesi di un capitalismo avido, amorale e affarista.

Allo stesso tempo, sono lieto di vedere come una compagnia americana stia adottando un approccio radicalmente diverso. Qualche giorno fa, l’azienda texana Buffer Insurance ha rilasciato una dichiarazione in cui si impegna a fare tutto il possibile per sostenere i genitori che vogliono portare a termine la gravidanza.

“Le aziende laiciste pagano le spese di viaggio dei dipendenti che vanno ad abortire fuori dallo Stato”, ha scritto l’azienda in un post su Facebook. “Oggi annunciamo che Buffer pagherà le spese ai nostri dipendenti che fanno nascere i bambini”.

L’azienda ha promesso di contribuire in tre modi: a) pagando le spese mediche legate alla nascita, b) offrendo un congedo di paternità e maternità retribuito per i nuovi genitori, c) pagando le spese mediche connesse all’adozione.

Le nefaste conseguenze della legalizzazione dell’aborto

Man mano che [negli Usa, N.d.T.] l’aborto diventa illegale in un numero sempre maggiore di Stati, sempre più donne con gravidanze inaspettate si troveranno di fronte alla prospettiva di partorire. Per alcune donne ciò sarà difficile, persino terribile.

È ovvio che non esiste nessun motivo valido per uccidere un bambino innocente nel ventre materno. L’aborto è sempre moralmente sbagliato e non è mai la soluzione. Tuttavia, non dobbiamo sottovalutare la profondità dei cambiamenti prodotti sulle strutture fondamentali della nostra società da decenni di aborto legale in cui lo si è promosso in tutti i modi possibili, rendendo sempre più difficile il parto.

La maggior parte delle persone viventi oggi non ha mai conosciuto un mondo in cui l’aborto non fosse facile da ottenere, spesso promosso da abortisti generosi e concreti, finanziati dal governo come Planned Parenthood, o dall’assicurazione sanitaria.

Pochi di noi sono consapevoli di tutte le migliaia di modi in cui gli affari, le leggi, le tasse, i media, le credenze religiose, le norme e le aspettative sociali e le priorità personali si siano subdolamente riorganizzate intorno al fatto che, in qualsiasi momento, una donna possa scegliere, per poche centinaia di dollari, di porre fine alla vita del suo bambino non ancora nato, cioè di ucciderlo.

Il fatto è che siamo esseri essenzialmente sociali e le nostre convinzioni e i nostri comportamenti sono spesso, anche a nostra insaputa, modellati e indirizzati dalla cultura più ampia in cui viviamo, nel bene e nel male.

In passato, quasi tutte le strutture sociali promuovevano e incentivavano la fede, la famiglia e la genitorialità. Era più facile andare in chiesa la domenica, quando tutti i tuoi vicini andavano in chiesa la domenica. Era più facile sposarsi e rimanere sposati, quando tutto, dall’esempio dei genitori alle agevolazioni fiscali previste dal codice fiscale statunitense, fintantoché non è arrivata la legge sul divorzio, trasmetteva il messaggio: “Il matrimonio è una buona cosa. Ed è per sempre”.

Era più facile accogliere i bambini con gioia, quando praticamente tutti concordavano sul fatto che diventare madre o padre fosse una delle cose più importanti, significative e gratificanti che un essere umano potesse fare. Quando i datori di lavoro comprendevano e rispettavano il fatto che in qualsiasi momento le loro dipendenti potessero assentarsi dal lavoro per la grande vocazione della maternità. Quando c’era una cultura comune della genitorialità, con reti di aiuto composte da nonni, zii, nipoti e quartieri pieni di madri che si aiutavano e davano consigli. Quando l’intera economia e le aspettative economiche di tutti non si fondavano sull’idea di due genitori che lavorano a tempo pieno.

Per cinque decenni tutto questo è stato profondamente eroso, tanto che oggi molti giovani non riescono nemmeno a immaginare di sposarsi e di diventare genitori, i governi stanziano ingenti somme di denaro a favore di organizzazioni che si dedicano a contrastare la genitorialità e le aziende non si fanno scrupoli a pagare le proprie dipendenti per abortire i loro figli.

Una cultura della vita

Quello che Buffer Insurance ci mostra è un modo per andare avanti in un mondo post sentenza Roe. Ci fa vedere come, di fronte a una cultura impregnata dall’impatto di decenni di aborto legale (una conseguenza dell’ingannevole e insidiosa rivoluzione sessuale), dobbiamo trovare modi nuovi, più creativi e più generosi per promuovere e incentivare la vita, anche se ciò comporta un costo ingente.

Ecco perché Papa San Giovanni Paolo II ha parlato così spesso di una “cultura della vita”. Non semplicemente una società in cui l’aborto è illegale. Questo è solo il minimo indispensabile! Ma una cultura autentica, in cui tutto, dalla comunità al lavoro, al diritto tributario, alla fede e alla famiglia, sia pervaso da una certa comprensione del valore della vita umana, e che sostenga e promuova collettivamente la protezione della vita.

Una cultura in cui i messaggi sulle prime pagine dei giornali, nelle pellicole cinematografiche, nei romanzi, negli spettacoli televisivi, nelle opere teatrali, nelle scuole, nelle chiese e in tutto il resto, proclamino che “la vita è bella!”, non necessariamente perché le persone che stanno all’origine di queste cose stiano promuovendo consapevolmente uno specifico messaggio, ma semplicemente perché queste cose riflettono in modo naturale e organico i principi e le priorità fondamentali della nostra cultura.

Come ha esortato Papa Giovanni Paolo II nell’Evangelium Vitae, è fondamentale “presentare esempi alti e nobili di vita e dare spazio alle testimonianze positive e talvolta eroiche di amore all’uomo” così come “proporre con grande rispetto i valori della sessualità e dell’amore”, evitando “di mettere in risalto quanto può insinuare o far crescere sentimenti o atteggiamenti di indifferenza, di disprezzo o di rifiuto nei confronti della vita”. (Evangelium Vitae n. 98).

Da questo punto di vista, abbiamo ancora molta strada da fare! I nostri valori culturali sono così distorti. La nostra industria dell’intrattenimento è così corrotta. La nostra cultura imprenditoriale è così avida. Le nostre comunità religiose sono così tiepide. Le nostre priorità sono così fuori controllo.

Ma la sentenza Dobbs e il ribaltamento della Roe hanno cambiato radicalmente la situazione. Ora abbiamo l’occasione per poter essere creativi nel trovare nuovi modi per costruire strutture a sostegno della vita. Sulla base dei principi di sussidiarietà e solidarietà, ogni membro della società ha un ruolo da svolgere nel sostegno alla vita familiare – comunità, chiese, imprese, governo, scuole, ecc.

Ogni azienda posseduta o gestita da persone pro-vita dovrebbe prendere esempio da ciò che la Buffer Insurance sta facendo. Dopo tutto, come possiamo a buon diritto definirci “pro-vita” se le nostre stesse aziende hanno politiche che non promuovono e sostengono la maternità (e la paternità), anche a scapito di parte dei nostri profitti?

Il Texas è uno Stato che può essere un esempio e una guida, avendo istituito il programma “Alternative all’aborto”, del valore di 100 milioni di dollari. Questo programma è dedicato a garantire che le madri e i padri in difficoltà abbiano accesso a consulenze, formazione, assistenza materiale, alloggi e altre forme di sostegno. Ogni anno, il nostro governo federale invia oltre mezzo miliardo di dollari a Planned Parenthood, in un momento in cui stiamo subendo un crollo catastrofico dei tassi di natalità. Questa situazione deve essere ribaltata. La mia speranza è che altri Stati seguano l’esempio del Texas.

Ove possibile, gli incentivi dovrebbero essere modificati in modo da sostenere la famiglia e la vita. La legislazione fiscale dovrebbe promuovere il matrimonio rispetto al divorzio e l’avere figli piuttosto che non averne, offrendo generosi sgravi fiscali ai genitori, in particolare a quelli che hanno più bisogno di aiuto. Anche le politiche relative ai congedi di maternità e paternità dovrebbero essere riviste, garantendo che madri e padri non debbano mai scegliere tra accogliere la vita e pagare le bollette o prendersi cura della salute fisica e mentale di madre e figlio.

E, naturalmente, tutti noi dovremmo sostenere più a fondo le molte organizzazioni pro-vita che offrono un aiuto concreto e pratico a tante donne che portano avanti gravidanze difficili.

Investire nella vita e nella famiglia

Senza dubbio, c’è un conflitto crescente nella società, e il matrimonio e la famiglia ne sono l’epicentro. In risposta, Papa Giovanni Paolo II si appella a ciascuno di noi “rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana!” evidenziando che “solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà vera, pace e felicità!” (Evangelium Vitae, n. 5).

Edificare una cultura della vita richiede una visione a lungo termine, riconoscendo che non c’è nulla che paghi di più nel lungo periodo che investire nel matrimonio (come Dio lo ha voluto), nella famiglia e nei figli.

Anche gli economisti laici ora lanciano l’allarme, mentre la nostra nazione entra in un inverno demografico. Milioni di bambini di cui avremmo bisogno, ora, per mantenere la nostra economia sana e forte, non ci sono perché abbiamo spinto le donne verso le cliniche abortiste con miopi ed avventate pressioni sociali e incentivi economici che hanno dato priorità al guadagno immediato rispetto alla salute a lungo termine della nostra società.

Queste situazioni sono più complesse rispetto ai decenni precedenti per colpa delle coscienze erronee e mal formate e delle false concezioni della sessualità umana, della dignità della persona umana e del matrimonio che si sono diffuse nella nostra cultura, causando danni significativi alla prosperità umana e al benessere del matrimonio e della vita familiare.

Ciò è aggravato dalla crescita dei valori secolari, sostenuti da una mentalità che eleva l’ego e i desideri al di sopra della legge morale naturale, che non solo porta alla perdita del senso di Dio, ma porta inevitabilmente gli individui e la società a scegliere, accettare, promuovere e difendere ciò che è offensivo e contrario alla dignità umana e al rispetto dovuto alle persone umane: omicidio, promiscuità, fornicazione, convivenza, adulterio, divorzio, omosessualità, contraccezione, aborto, eutanasia, ecc.

Purtroppo, molti non riescono a comprendere la relazione di dipendenza reciproca tra il matrimonio e la famiglia e il bene generale della società: qualsiasi tentativo di minare il primo non solo pone un grave danno a queste istituzioni naturali, ma anche alla società stessa. In risposta a queste sfide e ai dilemmi etici che esse sollevano, dobbiamo cercare nuove forme di creatività e di evangelizzazione per riparare queste ferite, a partire dal matrimonio e dalla vita familiare, che a loro volta favoriranno la guarigione e il rinnovamento delle nostre società e culture globali.

Dopo tutto, il piano di Dio per il matrimonio e la famiglia corrisponde ai desideri più profondi di uomini e donne per una felicità duratura e una vera gioia, anche se questa comprensione può non essere sempre accolta o apprezzata. Con il ribaltamento della Roe (e Casey), la nostra società ha eliminato un demone che era tra noi, che per anni ci ha sussurrato bugie all’orecchio. Spezzato questo incantesimo, ora possiamo cominciare a ripensare il nostro modo di fare le cose da cima a fondo, ripristinando la vecchia saggezza e trovando nuovi modi per promuovere il bene comune.

È un momento emozionante per essere un pro-vita!

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