Il Buon Samaritano, la conversione e la Redenzione

Di Don Francesco Giordano

(Originale in Inglese)

“Va’ e anche tu fa’ lo stesso” (Luca 10:37). Così si conclude la pericope della Parabola del Buon Samaritano. Il cuore del messaggio della parabola è la storia della Redenzione. Il cuore della storia della Redenzione è la conversione, la metanoia, letteralmente “andare oltre (meta) la propria mentalità, il proprio nous”. Il cuore di questa conversione è la preghiera. Madre Teresa di Calcutta ci ricorda i quattro “passi” della preghiera: 1) il silenzio, 2) i pensieri buoni, pieni di carità 3) le opere buone, 4) la pace interiore. Non dimentichiamo di appartarci nel silenzio, di rinchiuderci nella nostra stanza, come ci direbbe Pascal. Non dovrebbe però essere un silenzio solo esteriore, ma soprattutto un silenzio interiore. In fondo, se non riusciamo a relazionarci con noi stessi, non possiamo relazionarci neanche con gli altri. Se vogliamo fare opere buone per il prossimo, innanzi tutto dobbiamo essere ispirati da Dio, perché Dio è Bontà, e questa bontà, il cosiddetto Bonum diffusivum sui, si diffonde per Sua volontà, come testimoniato dalla Sua Creazione e dalla Redenzione. Tuttavia, Dio vuole agire con le creature che sono in grado di comprenderlo e amarlo per realizzare questa Redenzione. Come ci ricorda Sant’Agostino, Dio che ci ha creati senza il nostro consenso non può salvarci senza il nostro consenso. Quindi, il nostro consenso, la nostra partecipazione alla volontà di Dio, è fondamentale per la nostra redenzione. “Andiamo e anche noi facciamo lo stesso”, seguendo Dio nelle ispirazioni che ci ha dato nella preghiera.

Don Francesco Giordano, Direttore di VUI Italia

La Parabola del Buon Samaritano è fondamentalmente un promemoria di quello che significa questa Redenzione. Dopo che Nostro Signore ha ricordato ai suoi discepoli in privato quanto segue: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l’udirono” (Luca 10:23-24), un dottore della Legge gli chiede cosa deve fare per ereditare la vita eterna. Ricorda un po’ il giovane ricco in Matteo 19. Si tratta dei fondamenti della vita morale, cioè le basi etiche del proprio agire. Quando il dottore della Legge viene sorpreso dal chiaro insegnamento di Nostro Signore sull’amare Dio con tutto il proprio essere e il prossimo come sé stesso, il dottore della Legge prova a giustificarsi ulteriormente chiedendo chi sia il suo prossimo. E allora Nostro Signore inizia la Parabola del Buon Samaritano.

La parabola comincia quando un uomo che da Gerusalemme si è messo in viaggio verso Gerico viene assalito dai briganti che “lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto” (Luca 10:30). Metaforicamente, si tratta dell’umanità spogliata della sua gloria a causa del peccato originale. L’uomo della parabola, come Adamo, ha volontariamente peccato perché si è allontanato da Dio, rappresentato da Gerusalemme, la città di Davide, la città di Dio e del suo Tempio, quando ha deciso di dirigersi verso Gerico, la città del peccato. Abbandonato sul ciglio della strada, incapace di muoversi, ma non ancora morto, l’uomo ha comunque una speranza. Mentre Martin Lutero direbbe che la natura dell’uomo è completamente corrotta e degradata, la Scrittura ci insegna che l’uomo non è del tutto morto, versa in condizioni gravissime, ma è ancora vivo. La sua natura è buona e può essere redenta, anche se sul ciglio della strada appare gravemente ferita. Anche i tre personaggi che compaiono in seguito sono importanti. Pure loro stanno andando tutti a Gerico. Il sacerdote rappresenta la spiritualità in generale. Essendo solo umano, non può aiutare l’uomo sul ciglio della strada. Il levita rappresenta la filosofia. Anche in questo caso, poiché è solo una spiegazione della realtà dal punto di vista della natura stessa, non può aiutare l’uomo sul ciglio della strada. Qui vengono in mente scienze sociali come la psicologia e la sociologia. Possono dare un’interpretazione veritiera ad alcuni fenomeni, ma spesso non possono dare una soluzione profonda come può darla una confessione ben fatta che può avvalersi della grazia sacramentale. Certo, le scienze possono avere la loro ragion d’essere, ma guardiamoci bene dal metterle al posto di Dio. Tornando alla parabola, solo chi viene da fuori può aiutare veramente. In questo senso si tratta di un estraneo al mondo ebraico, cioè di un Samaritano. È chiaro che questo Samaritano è Gesù stesso. È Dio che assume la nostra natura, pur mantenendo la Sua natura divina. Egli può salvare l’uomo perché è allo stesso tempo Uomo e Dio. È il mistero dell’Incarnazione, il mistero della mediazione, cioè il mistero del ponte tra Dio e l’uomo in Gesù Cristo. Dio si è abbassato nella cosiddetta Kenosis, assumendo la nostra natura per redimerci, per “ricomprarci” dalle grinfie del diavolo. “Siete stati comprati a caro prezzo” (1 Corinzi 6:20), ricorda San Paolo ai Corinzi e San Pietro a noi all’inizio della sua Prima Lettera: “… con il sangue prezioso di Cristo” (1 Pietro 1:19).

La Redenzione è un evento che tocca le realtà più profonde. Non è qualcosa di superficiale. Gli effetti di una risposta religiosa all’atto salvifico della Croce raggiungono le radici delle cose. Lo storico Christopher Dawson e il poeta T.S. Eliot ci ricordano che ci sono quattro ambiti da esaminare nelle considerazioni storiche di una determinata cultura: 1) la religione, 2) la cultura, 3) l’arte e 4) la filosofia. Teniamo a mente che il termine “religione”, nel suo significato etimologico, ha a che fare con il rileggere (Seneca) e ricollegarsi (Sant’Agostino) a ciò che si è già letto (cfr. Summa Theologiae II-II q. 81). Se si tratta di rileggere ciò che ci è stato comunicato da Dio nella Divina Rivelazione, allora essa non è una mera proiezione di noi stessi, come succede nella religione naturale e cosa della quale ci accusa Feuerbach. Ma “nella pienezza dei tempi” (cfr. Galati 4:4) il Soprannaturale incontra il naturale, quando Dio assume la nostra natura umana, e nell’Incarnazione entra in un mondo diviso per portare la vera guarigione, l’unità e la pace. Secondo Dawson, la cultura è il contesto in cui la religione si scopre e tale cultura è una realtà fragile che può mutare da una generazione all’altra, a meno che non sia nutrita dai superiori principi della religione, che si manifestano soprattutto nel culto a Dio, il cultus. A sua volta, questa armonia tra religione (che si può riferire alle facoltà superiori dell’intelletto e della volontà, perché richiede davvero tutto il nostro essere, proprio come dice Nostro Signore al dottore della Legge nella parabola) e cultura (ciò che si può riferire alle passioni, come le passioni irascibili e concupiscibili) si manifesta poi nelle arti. L’uomo è un artigiano che combina quello che il Creatore gli ha lasciato. L’uomo non crea dal nulla, ex nihilo. Piuttosto, lavora con ciò che ha e mette ordine nella creazione. Infine, l’uomo spiega tutto questo con la filosofia. Questo processo emerge nella storia del Cristianesimo, in quanto l’apice della civiltà cristiana coincide con quella che Etienne Gilson definirebbe la filosofia cristiana del tardo Medioevo. La filosofia, come la cultura e le arti, è ispirata dalla religione, dalla Rivelazione Divina. In questo modo, vediamo che questa religione, la sola vera religione, non è affatto un sentimento superficiale. Comprende i sentimenti, ma è più profonda dei soli sentimenti.

Nel complesso, ciò che emerge nella Parabola del Buon Samaritano è soprattutto l’Amore di Dio per la nostra natura decaduta. Dio può agire in modo imprevedibile nel corso della storia, come è successo con l’Incarnazione stessa, quando è venuto in un contesto di grande complessità composto dall’intrecciarsi di tre mondi: quello ellenistico, quello ebraico e quello romano. Oggi ci si chiede dove siano gli interventi miracolosi di Dio che salvano l’uomo nel suo cammino. Ma la storia della Chiesa è ricca di questi interventi divini. Nessuno può negare che la recente conversione di Shia LaBeouf, spiegata in modo molto articolato al Vescovo Robert Barron, non sia proprio un miracolo di questo tipo, propiziato questa volta dal grande operatore di miracoli, San Pio da Pietrelcina, un santo sacerdote che ha vissuto l’autentica realtà della Messa, il sommo atto religioso di giustizia. Nei fatti, come tutte le conversioni, anche quella di Shia ha richiesto del tempo. Mentre si trovava in momento della sua vita estremamente difficile, assalito da pensieri suicidi, gli è stato chiesto di recitare in un nuovo film sulla vita di Padre Pio. Accettato il lavoro, è andato a vivere con i Francescani Cappuccini, l’Ordine di cui faceva parte Padre Pio. Vivendo insieme ai frati ha compreso molte cose solo immergendosi in quella vita di penitenza e di preghiera. Infine, quando è tornato a Oakland, in California, per partecipare alla Messa Romana Tradizionale che Padre Pio aveva celebrato fino alla sua morte nel 1968, Shia ha ricevuto un’ulteriore grandissima grazia. Avendo assistito alla Messa celebrata da un sacerdote appartenente ad un Istituto francese, l’Istituto di Cristo Re, Shia si è reso conto della profonda differenza tra la celebrazione della Messa di un sacerdote italiano come Padre Pio rispetto a quella dei sacerdoti francesi. La stessa Messa celebrata da sacerdoti di culture diverse può avere le sue differenti “tonalità”. Questa è la fede cattolica, che unisce non solo l’umano con il divino, ma anche le diverse culture nell’unica civiltà cristiana della carità. Questo è evidente nella storia europea e Christopher Dawson fa un ottimo lavoro nel metterlo in evidenza. L’albergatore della Parabola del Buon Samaritano, dopo tutto, rappresenta un sacerdote, e l’albergo rappresenta la Chiesa. Finché Nostro Signore, nella figura del Buon Samaritano, non tornerà a pagare il conto in quello che possiamo vedere come il Giudizio Universale, la Chiesa continuerà a lavorare in Sua vece, conservandosi attraverso le tempeste dei secoli. Dom Guéranger ci ricorda che nella storia cristiana ci sono tre miracoli fondamentali che non fanno che sottolineare come il criterio della storia sia cristiano, come direbbero gli stessi Padri: 1) il popolo ebraico, 2) la conversione dei gentili e 3) la conservazione della Chiesa. Proprio nei nostri tempi difficili, quando si rischia di perdere la Speranza, è bene fare un atto di Fede in Cristo, chiedendogli con tutta franchezza di intervenire. Si potrebbe rimanere sorpresi dall’opera di guarigione del Buon Samaritano.

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