Le guide spirituali devono correggere le false libertà

Di Don Shenan J. Boquet

(Originale in Inglese www.hli.org )

Succede qualcosa di particolare ogni volta che un esponente di spicco della spiritualità difende pubblicamente qualche principio morale impopolare. Inevitabilmente, la gente reagisce con indignazione, accusandolo di limitare la loro “libertà” e dicendogli di farsi gli affari propri.

Quando, per esempio, un vescovo cattolico rimprovera pubblicamente un politico cattolico favorevole all’aborto, il politico e i media si innervosiscono, biasimando il vescovo per essersi “intromesso” nella politica e per aver cercato di “imporre” gli insegnamenti della Chiesa alle persone. “Non ho padroni”, dirà il politico offeso. “Sono libero di decidere da solo. Sono un cattolico devoto, ma non lascerò che la Chiesa mi dica cosa fare”.

Questo stesso atteggiamento si riflette in quasi tutto il linguaggio creato da coloro che fanno propaganda in favore dell’aborto, che rimanda alla nozione di “libertà di scelta”.

Considerate, per esempio, quell’orribile post su Facebook che ho affrontato tempo fa, messo sulla pagina ufficiale del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia del Vaticano. Il post si collegava a un articolo che parlava in modo lusinghiero della fede cattolica del presidente Joe Biden. Quando alcuni cattolici hanno risposto facendo notare che Biden è estremamente a favore dell’aborto, il moderatore della pagina ha risposto: “Difendere il diritto all’aborto non significa difendere l’aborto”.

In altre parole, un politico pro-aborto come Biden può non sostenere personalmente l’aborto, ma crede che le donne dovrebbero comunque avere la “libertà di scegliere” l’aborto se vogliono. Non dovremmo limitare la libertà degli altri mettendo fuori legge l’aborto.

La visione di Sant’Anselmo della libertà

Alla radice di questa mentalità, di cui è assolutamente pervasa la nostra cultura, c’è una concezione perversa della natura della libertà. Secondo questo concetto errato, la libertà è semplicemente il “diritto” di fare tutto ciò che si vuole, indipendentemente dal fatto che sia o meno la cosa giusta da fare.

Il grande dottore della Chiesa medievale, Sant’Anselmo, tuttavia, aveva una definizione di “libertà” molto diversa ed estremamente istruttiva. La libertà, scriveva notoriamente Sant’Anselmo, è “il potere di conservare la rettitudine della volontà per amore della rettitudine stessa”[1].

Certo, questa definizione è espressa in un linguaggio filosofico un po’ antiquato. Ma ciò che Sant’Anselmo sta dicendo è che qualcuno è veramente “libero” solo nella misura in cui ha la possibilità o la forza di fare il bene, non per amore di una ricompensa o di qualsiasi altro motivo, ma semplicemente perché è la cosa giusta da fare.

Alla società contemporanea, questa definizione di libertà suona molto strana, persino completamente sbagliata. “Certo”, molti potrebbero rispondere, “potrebbe essere meglio scegliere di fare la cosa giusta. Ma per essere liberi, qualcuno deve avere la possibilità di scegliere di fare il male. Ecco cos’è la libertà!”.

Sant’Anselmo, tuttavia, non era d’accordo. Egli fece notare che Dio non può scegliere di fare il male. L’essenza di Dio è la bontà stessa. Se Dio scegliesse il male, significherebbe che ha violato la sua stessa natura – una cosa non possibile. Inoltre, anche gli angeli non possono scegliere di fare il male. Una volta che hanno fatto la loro unica scelta – o servire Dio o respingerLo – la loro volontà è stata confermata in quella scelta. Lo stesso vale anche per i santi in cielo. Una volta che entrano nella visione beatifica, e vedono Dio faccia a faccia, non hanno più alcun desiderio del male, al punto che non possono nemmeno sceglierlo!

Di fronte a questi fatti, Sant’Anselmo pone una domanda chiave: Dio non è libero? Gli angeli o i santi del cielo non sono forse liberi?

La risposta è chiara. No! Lungi dal non essere liberi, Dio, gli angeli e i santi sono gli esseri più liberi che ci siano. La libertà, quindi, non si trova nella possibilità di scegliere il male, ma piuttosto nell’atto di scegliere il bene!

Sant’Anselmo aveva capito perfettamente, naturalmente, che gli esseri umani hanno la capacità di scegliere tra il bene e il male. Tuttavia, semplicemente non credeva che questo, di per sé, fosse ciò che costituisce la libertà. La capacità di scegliere il bene o il male è un presupposto importante per la libertà, ma gli uomini sono veramente liberi solo quando usano questa capacità nel modo giusto. Più spesso una persona sceglie il bene, più facile diventa scegliere il bene, e meno capace diventa di scegliere il male. La libertà definitiva si trova quando, dopo una vita di virtù, la volontà di una persona diventa così totalmente attratta dal bene, che perde ogni desiderio di scegliere il male.

Buoni pastori

Stavo riflettendo su questo argomento questa settimana, dopo aver letto un’eccellente intervista con l’Arcivescovo Joseph Naumann, che attualmente è il presidente del Comitato per le attività pro-vita della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti.

Nell’intervista, l’arcivescovo ha invitato con vigore il presidente Biden a giustificare le sue opinioni in favore dell’aborto.

“Il presidente dovrebbe smettere di definirsi un cattolico devoto, e riconoscere che la sua visione sull’aborto è contraria all’insegnamento della morale cattolica”, ha detto l’arcivescovo. “Sarebbe un approccio più onesto da parte sua dire che non è d’accordo con la sua Chiesa su questa importante questione e che sta agendo contro l’insegnamento della Chiesa”.

L’arcivescovo ha anche sottolineato l’ironia del fatto che mentre la causa pro-aborto è costruita attorno alla parola “scelta”, Biden ora sembra “allontanarsi” da quell’approccio, e invece “costringe le persone a essere coinvolte nella pratica dell’aborto, in questo caso usando i loro soldi delle tasse per qualcosa che ritengono immorale”.

L’arcivescovo si riferiva alla solerzia di Biden nell’eliminare l’emendamento Hyde, che attualmente impedisce che il denaro dei contribuenti sia usato per finanziare l’aborto. In altre parole, in nome della “libertà”, il presidente vuole costringere tutti noi a sostenere e pagare il male! L’arcivescovo ha esortato i pro-life a contattare i loro rappresentanti per opporsi a questa mossa radicale. “Questo è inaccettabile”, ha detto.

Mentre Biden, e i media, potrebbero pensare che l’arcivescovo stia andando oltre il suo ruolo, ciò che mi ha colpito leggendo l’intervista è come l’arcivescovo in realtà stesse agendo come un vero pastore. Lungi dal limitare la libertà di Biden, l’arcivescovo stava amorevolmente offrendo al presidente un percorso verso la libertà – o la libertà di smettere di vivere una bugia (cioè di ammettere che non è affatto un cattolico “devoto”), o la libertà superiore di vivere secondo la verità!

“Quando [Biden] dice di essere un cattolico devoto, noi vescovi abbiamo la responsabilità di correggerlo”, ha detto l’Arcivescovo Naumann. “Anche se la gente ha dato a questo presidente potere e autorità, egli non può definire cosa significhi essere un cattolico e quale sia l’insegnamento morale cattolico”.

“Quello che sta facendo ora è usurpare il ruolo dei vescovi e confondere le persone. Sta dichiarando di essere cattolico, e sta per costringere la gente a finanziare l’aborto con i loro soldi delle tasse. I vescovi devono correggerlo, poiché il presidente sta agendo in modo contrario alla fede cattolica”.

Il peccato rende schiavi

Nei Vangeli, Cristo parla del Buon Pastore come colui che conduce le sue pecore attraverso la porta. Sentirsi dire di passare attraverso una porta può sembrare restrittivo, vincolante. Le pecore sarebbero più libere se andassero semplicemente dove vogliono! Tuttavia, aggiunge Cristo, “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo”. (Giovanni 10,9)

Passare attraverso la porta, in altre parole, non è una limitazione ed è l’unico percorso verso la vita e la libertà! Il pianista non si lamenta di dover seguire le note sullo spartito. Le note lo liberano per poter suonare della musica armoniosa. Allo stesso modo, non dobbiamo lamentarci quando i nostri pastori ci esortano a seguire le leggi di Dio. Non ci stanno vincolando; ci stanno mostrando il cammino verso la vita.

Nel combattere per la Cultura della Vita e della Famiglia, è importante ricordare costantemente agli altri che non siamo interessati a dire loro cosa fare, o a “controllare” le loro vite (come gli attivisti pro-aborto ci accusano così spesso di fare). Al contrario, siamo ansiosi di aiutarli a vivere una vita veramente libera.

Un politico che rischia la sua anima, che è causa di scandalo per gli altri e che porta sofferenza e morte a tanti uomini, donne e bambini sostenendo l’aborto, non è libero. Un uomo che fa pressione sulla sua compagna per abortire il loro bambino, perché non è abbastanza uomo per accettare la responsabilità di una nuova vita, o perché ha ceduto alla paura, non è libero. Una donna che cede alla pressione o alla paura, o che sacrifica la vita del proprio figlio perché dà più valore a qualcos’altro, non è veramente libera.

Nell’Evangelium Vitae, Papa San Giovanni Paolo II ha denunciato l’andamento “sovversivo e conturbante” a trattare “delitti” come l’aborto e l’eutanasia “legittime espressioni della libertà individuale, da riconoscere e proteggere come veri e propri diritti.” (EV, n. 18). Infatti, considerare questi “delitti contro la vita” come diritti conferisce ad essi una falsa libertà. Noi mettiamo fuori legge la rapina e l’omicidio, non per “limitare” la libertà, ma piuttosto per proteggere la libertà di tutti, compresa la libertà di chiunque possa essere tentato di commettere rapine e omicidi.

Vediamo questa verità manifestarsi nella sua forma più evidente nella vita di coloro che hanno ceduto alla dipendenza. Il tossicodipendente può aver “scelto” di provare la droga, sapendo che potrebbe essere dannosa per lui. Eppure, riconosciamo intuitivamente che non è libero. È uno schiavo della droga. Ha usato la sua “libertà” per scegliere la schiavitù.

Tutti i peccati creano dipendenza. Tutti i peccati ci fanno del male. Tutti i peccati ci rendono schiavi. Quando pecchiamo, usiamo la nostra natura superiore (il nostro intelletto e la nostra volontà) per dire “sì” alla nostra natura inferiore (le nostre passioni e i nostri bassi istinti). Diamo priorità al potere, o al piacere, o al denaro, al di sopra della verità e del bene.

“Rendiamo grazie a Dio, perché voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell’insegnamento che vi è stato trasmesso”, scrive San Paolo. “liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia”. (Romani 6, 17-18)

San Paolo poi aggiunge: “Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna. Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore” (Romani 6, 22-23). La schiavitù al peccato è la morte. Ma la “schiavitù” a Dio non è affatto una schiavitù, perché porta alla vita.

Ringraziamo Dio per i buoni pastori come l’Arcivescovo Naumann, che sanno che verrebbero meno al loro dovere se rimanessero in silenzio, nel momento in cui le anime affidate alle loro cure si rendono schiave del peccato e dell’errore. Preghiamo affinché tutti i pastori abbraccino allo stesso modo il loro ruolo e guidino il loro gregge alla vera libertà.


[1] De libertate arbitrii (Sulla libertà dell’arbitrio).

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